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Arrigo Sacchi, ex allenatore del Milan
Continua a battere il martello di Arrigo Sacchi sul chiodo della “squadra”: quanto questo Milan abbia dimostrato di non esserlo contro il Dortmund.
“La prima cosa che mi viene da scrivere, e lo scrivo con molto dispiacere, è che il Milan ha dimostrato di non essere ancora una squadra. E se non sei una squadra, in Europa vai in difficoltà. Questo ha detto la sfida di San Siro contro il Borussia Dortmund. Adesso la strada verso la qualificazione per i rossoneri è una salita quasi impossibile, una specie di Mortirolo da scalare. Mi auguro che riescano nell’impresa, anche se poi si devono incastrare altri risultati, ma la realtà è che questo Milan non dà tranquillità, non trasmette sicurezza, non ha il necessario equilibrio.
Troppi alti e bassi nel corso della medesima partita e troppe disattenzioni, soprattutto nel reparto difensivo. Guardate il gol del 2-1 dei tedeschi: i rossoneri sono posizionati male, uno va a raddoppiare, non prende il pallone e lascia libero l’avversario sull’esterno. Questi errori, a livello internazionale, si pagano: è inevitabile. Così come è inevitabile pensare che questa squadra sia stata costruita quest’estate inserendo tanti volti nuovi, soprattutto stranieri, e serve parecchio tempo per dare un’identità chiara a tutto il gruppo”.
“Non si può dire che sia mancato l’impegno. Tutt’altro. Chi è sceso in campo ha dato tutto ciò che aveva. Il guaio è che questo “tutto” non è stato sufficiente a superare l’ostacolo e questa sconfitta rischia di pregiudicare il prossimo periodo. In queste condizioni la tenuta psicologica della squadra è fondamentale ed è soprattutto su questo aspetto che Pioli lavorerà affinché i suoi uomini non cadano in depressione. A volte il Milan è troppo lungo, decisamente poco compatto e in questo modo viene a mancare la fondamentale collaborazione tra i reparti.
"Il processo di crescita è ancora in corso, questo è piuttosto evidente ed è anche normale che sia così considerando quanti giocatori sono stati acquistati in estate. Se per fare un bambino ci vogliono nove mesi, vogliamo dare il giusto tempo a un allenatore per dare corpo al suo progetto? So che la pazienza è una qualità sconosciuta ai tifosi, so che tutti vorrebbero il massimo fin dall’inizio della stagione, ma in questo caso è necessario aspettare, ragionare, riflettere e insistere sulle idee che si sono proposte ai giocatori. La fretta, nel calcio come nella vita, non è mai una buona consigliera”.
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