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Milan, Maldini: “Salutare San Siro fa male. Lavoro? O Milan o niente”

Redazione Il Milanista

Il direttore tecnico del Milan Paolo Maldini ha rilasciato una lunga intervista per il settimanale "Sette". Ecco le sue parole.

Sta per aprirsi il mercato di gennaio e sarà un mese intenso per Paolo Maldini, che farà di tutto per regalare qualche nuovo rinforzo a Stefano Pioli. Il direttore tecnico rossonero ha rilasciato una lunga intervista a "Sette", settimanale del "Corriere della Sera", dove affronta diversi argomenti legati al Milan.

Sul nuovostadio: "Addio a San Siro? Credo e spero che possa essere così. Fa impressione, me ne rendo conto. Anche a me. Ci ha giocato mio padre, ci ho giocato io, ci gioca mio figlio. È stata la mia casa. Se la mettiamo sui ricordi, chi più di me potrebbe sentirsi ferito per un cambio così epocale? San Siro è un pezzo della storia di Milano. Ma se è diventato un luogo così iconico, lo deve alle imprese dei club e dei calciatori che ci hanno giocato. A questo dobbiamo pensare. Se noi vogliamo che Milan e Inter tornino ai piani alti del calcio europeo, scrivendo pagine bellissime come quelle di San Siro, non possiamo che avere uno stadio nuovo. Le alternative non esistono. Questa non è una opinione, è una certezza. Non voglio cancellare un passato meraviglioso. Solo che a me piace guardare avanti. È un po’ l’idea della mia vita". 

Sul calcio italiano: "Pensare di tornare al dominio dei primi anni del nuovo secolo è irreale. Proprietari alla Berlusconi o alla Moratti non ce ne saranno più. Lo dice la finanza, lo dice come va il mondo. E intanto gli altri, la Premier League inglese ma anche la Bundesliga tedesca grazie al Mondiale del 2006, si sono organizzati e ci hanno superati. In che modo? Semplice, hanno rifatto gli stadi. Che poi è il modo per generare profitto e rendersi più competitivi. Lo avessimo fatto prima noi, saremmo rimasti competitivi, come dimostra la Juventus. Ma non è avvenuto finora, per la prevalenza dell’interesse particolare. Quando si parla di Lega calcio, servirebbe un minimo di visione comune, meglio se a lungo termine. L’investimento nelle infrastrutture è l’unica opportunità possibile, se vogliamo tornare alle grandi imprese europee. Altrimenti non resta che sognare l’arrivo del principe azzurro". 

Sul suo futuro: "Come mi vedo tra 10 anni? Con i capelli bianchi, spero felice. In quanto a questo lavoro, o lo faccio con il Milan o non lo faccio. Forse all’estero, ma sinceramente dovrei pensarci. Sono contento di avere avuto questa opportunità. Perché so che se non lo avessi fatto, avrei sempre avuto il rimpianto di non averci provato. Anche per questo, il futuro non mi fa paura". 

Sul ritorno al Milan da dirigente: "All’inizio, ogni sera tornavo a casa e dicevo a mia moglie che era un disastro. Non facevo che ripetere a Leonardo, che mi aveva voluto con sé, che mi sentivo inutile. Non capivo la parte amministrativa del lavoro, mi chiedevo cosa ci stessi a fare. Io devo sentirmi protagonista. Cosa dissi a Leonardo quando decise di andare al PSG? Che c… dici Leo, fu la mia risposta. Con gli occhi di fuori. Mi sono sentito perso. Ma sinceramente, subito dopo ho avuto anche la sensazione di essere per la prima volta a mio agio. Ero tornato in una situazione dove non avevo nessuno che mi faceva da scudo. Quello che ho sempre cercato. A Leonardo sono molto grato, l’apprendistato con lui è stato fondamentale. Ci sentiamo spesso".