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L’ex mister di Leao: “Per lui mi imposi ai piani alti. Giocatori così…”

L’attuale CT dell’Angola Pedro Gonçalves, è stato per due anni allenatore di Rafael Leao allo Sporting Lisbona. Queste le sue parole...

L’attuale CT dell’Angola Pedro Gonçalves, è stato per due anni allenatore di Rafael Leao allo Sporting Lisbona. Oggi, è intervenuto a La Gazzetta dello Sport per raccontare che tipo di giocatore ha visto in quel biennio e anche per dare un consiglio al Milan.

L’ex tecnico di Rafa esordisce così: “Tutti gli altri, quando lo guardavano, vedevano un anarchico, io invece intravedevo potenzialità mai viste prima, così ho convinto i piani alti a non lasciarlo andare. L’ho allenato due anni. Vedevo lui in qualcosa che altri non vedevano, e ne vado fiero”.

Lei è stato uno dei primi a dargli fiducia incondizionata. “Dopo un’annata storta stava per lasciare l’Accademia. Era un talento, dribblava, segnava, insomma era uno su cui contare, ma giocava per se stesso. Era anarchico, libertino, un ragazzo difficile da inquadrare. Ricordo la prima riunioni per parlare di lui…”.

Cosa dissero? “Che l’avrebbero scartato. Così mi imposi con i piani alti. ‘Tra un anno sarà un calciatore diverso, più maturo’, assicurai. Ribadii a tutti che avrebbe fatto la differenza e che sarebbe salito in prima squadra. Mi guardavano scettici, ma alla fine ho avuto ragione io”.

La scintilla? “Non c’è una data precisa. Direi più con il tempo. Il bello è che dopo tre mesi sotto la mia gestione, a seguito di doppiette e dribbling, fu convocato dall’Under 16 portoghese. Quando ha ricevuto la lettera mi presentai da lui con un bel sorriso. ‘Hai visto? Bastava impegnarsi un po’ di più…’. Rafa mi abbracciò come fossi suo padre”.

Questione di mentalità, quindi. “Cambiò totalmente approccio. In pochi vedevano quello che vedevo io, ovvero un ragazzo che aveva soltanto bisogno di fiducia. Avete presente il famoso sorriso quando rincorre la palla? Ecco, nacque quell’anno. Spontaneo come non era mai stato. Prima giocava per se stesso, poi ha capito che oltre al talento serve anche il sacrificio”.

Pioli gliel’ha inculcato col tempo. “È stato bravo, e infatti oggi Leao è uno dei due o tre talenti portoghesi più forti in circolazione. Da esterno ha sempre fatto la differenza, ma lo facevo giocare anche come numero nove”.

Un aneddoto che lo lega a lui: Ogni tanto lo guardavo giocare e pensavo, ‘ma oggi dove ha la testa?”. A fine partita, dopo averglielo domandato, lui sorrideva sempre. Impossibile non volergli bene. Succede anche al Milan, in effetti. In alcuni momenti si aliena, poi rilascia la scossa all’improvviso”.

Come contro il Lecce. “Esatto. Ricordo una situazione simile con l’Under 16. Dopo una ventina di minuti ero già arrabbiato con lui perché era troppo fermo, svogliato, non si muoveva, poi segnò due gol. Quell’anno chiuse a venti reti. E il resto è la bella storia che vediamo oggi”.

Il Milan deve blindare Leao? Il consiglio del suo ex allenatore: “Certo. Giocatori così non ce ne sono”.