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Ivan Gazidis
Ivan Gazidis, amministratore delegato del Milan, ha parlato a ruota libera del club rossonero in un'intervista rilasciata a 'ESPN'. Ecco, dunque, le dichiarazioni del dirigente sudafricano, che andrà in scadenza di contratto con il Diavolo nel prossimo mese di dicembre.
Sulla scelta di venire al Milan: "Non era un opzione comoda o a bassa pressione. Allo stesso tempo credevo nella possibilità. Il Milan è una delle grandi squadre di calcio del mondo e ho pensato che si potesse portare qualcosa di nuovo nel calcio italiano. La mia risposta iniziale è stata che potevano esserci candidati che conoscevano già l'Italia, ma Elliott non ha cambiato idea. E alla fine abbiamo deciso di affrontarla insieme".
Sul Milan al suo arrivo: "C'erano molti contratti pesanti, quasi troppi da nominare, giocatori che costavano parecchio come Leonardo Bonucci per esempio. Avevano rinnovato Gianluigi Donnarumma, un ottimo portiere, ma con un contratto enorme per trattenerlo. Alcuni contratti erano troppo alti rispetto alle prestazioni in campo di questi giocatori. Probabilmente c'erano 10 diversi esempi di giocatori che rientravano in quella categoria. E i giocatori, quando sono pagati in eccesso rispetto alle loro prestazioni, sono davvero difficili da cedere. Ma quando riesci a far uscire quei giocatori, poi hai bisogno di qualcuno che giochi. L'unico modo per portarne di nuovi innesti è ovviamente spendere soldi e quindi l'obiettivo è spendere in modo efficace ed efficiente".
Sul progetto giovani: "Abbiamo affrontato molto scetticismo sulla politica dei giovani, soprattutto al Milan. Penso che l'Italia in generale sia scettica sul dare una possibilità ai giovani, al Milan ancora di più a causa della pressione del pubblico e dell'ambiente di San Siro che ha la reputazione di schiacciare i giovani".
Sul mercato estivo del 2019: "I giocatori che abbiamo ingaggiato quell'estate sono ancora oggi elementi fondamentali della squadra".
Sullo scouting: "Molto spesso vedo nelle squadre di calcio che lo scouting e l'analisi sono in contrasto e questo crea un problema all'interno del club. Siamo riusciti a metterli in fila molto bene insieme. L'analisi sono i fatti. Dire che non credi nell'analisi è come dire che non credi nei fatti. Ci sono spiegazioni dietro i fatti che devi guardare. I fatti non ti danno le risposte, ma possono porre domande molto rilevanti".
Sul lavoro di Paolo Maldini: "Nelle trattative Maldini è fondamentale, parla con i giocatori per capire come pensano e cosa li motiva. Lo chiamiamo il nostro punto di riferimento. Parla con l'agente come primo contatto, in seguito direttamente con il giocatore, insieme a Frederic Massara. Theo è un buon esempio. Era del Real Madrid, ma era stato in prestito ed erano disposti a lasciarlo andare. Paolo lo ha incontrato a Ibiza dove era in vacanza in estate. Si sono seduti e hanno avuto una lunga conversazione in cui hanno formato un legame che esiste ancora oggi. Paolo ha capito davvero che Theo aveva una crescita da calciatore, ma anche da giovane, e Paolo lo ha preso sotto la sua ala. Lo si vede ancora oggi. Paolo va al campo praticamente ogni giorno. Non è invadente nel territorio dell'allenatore ma ha sempre una parola per ogni giocatore. Stamattina Paolo e Theo si sono salutati e c'è stato un grande abbraccio. Theo guarda a Paolo quasi come un secondo padre. Paolo ha quel rapporto con diversi giocatori".
Sull'esclusione dalle Coppe europee: "Quello probabilmente è stato il punto più basso. Prendere una squalifica per un club la cui reputazione è costruita sulla Champions League è stato un cosa molto difficile da accettare. Ma il Milan non era mai stato pensato come un business prima. I club sono istituzioni sociali e culturali ma se non hai un solido business plan alle spalle le ruote possono staccarsi dal carro".
Sul periodo pre-Covid e la scelta di Stefano Pioli: "Forse eravamo al punto più basso quando il Covid ha colpito. Dentro il club cominciavamo a vedere la luce in fondo al tunnel. Ma fuori dal club la squadra aveva una guida tecnica (Marco Giampaolo) che non stava funzionando e quindi dovevamo fare un cambio. C'era molta pressione su di noi tra gennaio e febbraio e poi è avvenuto il blocco. Stavamo iniziando a vedere dei germogli verdi, credevamo di fare le cose giuste. Ma in realtà, qualcosa è cresciuto all'interno del gruppo durante quel periodo di lockdown, anche se non stavano fisicamente insieme, in qualche modo si sono semplicemente legati e Stefano li ha conosciuti davvero bene. Un po' come Paolo Maldini, anche Pioli vuole capire i giocatori come persone e ci tiene a loro. Questo li rende pronti a fare di tutto per lui. Durante il lockdown non c'era la pressione di giocare ogni tre giorni e quindi durante la pausa sono stati in grado di connettersi tra loro e le relazioni formate durante quel periodo sono andate avanti e si sono sviluppate. Siamo usciti dal lockdown e le prestazioni sono cresciute sempre di più".
Sugli arrivi di Zlatan Ibrahimovic e Simon Kjaer: "Entrambi hanno contribuito molto alla rinascita del Milan. Sono arrivati e hanno fornito le loro spalle larghe ai giovani. Ibra non accetta mai meno del 110% da nessuno in nessun momento. Ibra è estremamente esigente con tutti. In realtà avevamo cercato di riportarlo al Milan un anno prima, ma Ibra sentiva che non era ancora il momento giusto. Stava giocando con i LA Galaxy e voleva fare un altro anno lì. Zlatan è una personalità molto potente. Se entrava nell'ambiente sbagliato, ciò poteva portare ad attriti. Penso che il nostro ambiente fosse la sfida perfetta per lui, uno dei più grandi della sua carriera. Riuscirà a portare questo gruppo allo scudetto? Ci è riuscito per davvero".
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