Demetrio Albertini ha rilasciato un’intervista ai microfoni di Milan Tv durante la trasmissione L’inferno del lunedì. Ecco le sue dichiarazioni:
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Albertini: “Milan cresciuto in consapevolezza. Ora mancano tre finali!”
Demetrio Albertini ha rilasciato un’intervista sul periodo del Milan e sulla possibilità di vincere lo scudetto. Ecco le sue parole.
Se è giusto pensare partita dopo partita: "Assolutamente sì, nel senso che hai tutto nelle tue mani. Il Milan ha la possibilità di giocare tre finali, sapendo di avere a disposizione un pareggio. Devi giocarti queste chance sapendo che saranno partite difficili. Uno stadio meraviglioso, tutto l'ambiente sarà molto importante".
Sul punto di forza dei rossoneri: "Secondo me è la consapevolezza. È stata costruita dal lockdown, la squadra è cresciuta in consapevolezza e conosce i suoi difetti. Difficilmente non viene una partita facile, quindi sono allenati per vincere con fatica una partita fino all'ultimo. Anche domenica ha avuto supremazia in alcuni momenti, con grande concentrazione, sapendo di aver affrontato una squadra che ha giocato una grande partita".
Se è diminuita la competitività: "Io ho fatto un'altra battuta. Ci sono stati diversi momenti dell'anno che la squadra ha perso il treno o si è messa dietro. Speriamo che finisca così perché ci sono tante squadre che in questo momento no è ancora finita. Evitando gli scongiuri, sembravano dei momenti che una squadra potesse vincere una squadra, poi l'altra. Si è scesi non lo so, però oggettivamente ci sono state quattro squadre che potevano ambire fino alla fine, ora solo due. Il Milan in questo momento ha una carta in più".
Se Milan e Inter possono tornare protagonisti in Europa: "Non lo so. In questo momento il calcio italiano ha delle difficoltà a livello internazionale. Negli ultimi anni abbiamo avuto una squadra che ha dominato come la Juventus, ma in semifinale è arrivata la Roma. Negli ultimi dieci anni abbiamo fatto fatica. Il calcio internazionale è molto più rapido del nostro. Però devo dire che il Milan ha fatto un girone difficile e che non meritava di uscire per le prestazioni. Sono mancati i gol come sono mancati in altri momenti della stagione".
Su Maldini: "No perché quando uno ha vissuto in uno spogliatoio, la cosa principale è conoscere pregi e difetti dello spogliatoio. Ad esempio anche noi abbiamo avuto anni difficili, però anche un grande campione come Paolo si era messo a disposizione per conoscere i suoi compagni. Tante volte ti fa tirare qualcosa in più. Oggi come dirigente quella esperienza se l'è portata dietro la scrivania e apprezza i difetti e le criticità della squadra. Uno che ha giocato sa che la partita finisce al 90esimo, quindi il campionato finisce all'ultima giornata. Maldini non si è mai tirato indietro da giocatore, non lo farà da dirigente".
Su Tonali: "C'è un momento di difficoltà, di adattamento del giocatore l'anno scorso. Si diceva che lo straniero doveva avere adattamento, mentre un talentuoso italiano non poteva inserirsi in un contesto diverso da quello giocato. Giocare a Brescia o a San Siro sono due cose diverse".
Sul modo di giocare: "Il possesso palla è diventato importante per il calcio moderno, ma è anche vero che devi trovare la forma per rompere le linee. Noi viviamo ancora, tante volte, il tatticismo. La coperta è coperta, poi non riesci a fare qualcosa di perfetto. Il ritmo manca, all'estero è più ricercato. Da noi si fa più lo scarico e si fa possesso palla sterile. Queste sono le visioni che hanno gli allenatori, da fuori sembra facile. Trasferire la propria visione in squadra e vederla trasformarla in idea, in giocate la domenica sia l'obiettivo di ogni allenatore".
Sui giovani: “Io credo che i giovani da una parte hanno la spregiudicatezza, dunque va valorizzata. È una delle caratteristiche di questa squadra, in alcuni momenti ha meno malizia però mi dà l'impressione che sia una squadra consapevole dei propri mezzi. Continuiamo a dire che per le prime 12 partite si sono stupite perché non c'era il pubblico. Anche io ho fatto un po' parte di questo gruppo, ma quest'anno non si può più dire. Il campionato è meritocratico. Se il Milan, in questi due anni ci ha dato delle emozioni domenica dopo domenica, è perché i giocatori se lo sono meritati con un lavoro quotidiano per crescere come squadra e come singoli".
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