Gennaro Gattuso, ormai prossimo a cominciare la sua avventura sulla panchina del Valencia, in una intervista al Corriere della Sera ha parlato delle polemiche nate attorno a lui per alcune frase dette in passato definite razziste.
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Gattuso: “Se sono così è merito del Milan, sono riconoscente”
GIUDIZI DELLA GENTE – «Sono molto diverso da come vengo descritto da dodici mesi a questa parte. Si prendono dichiarazioni di anni diversi, le si isola dal contesto e si imbastiscono processi con l’obiettivo di delegittimare una persona, una vita. I tribunali sono cose serie: qualcuno accusa, qualcuno difende, qualcuno giudica. Qui il patibolo tecnologico si abbatte e definisce sentenze senza possibilità di appello. Io non sono un tipo da social. Se mi chiamano Ringhio, ci sarà un motivo. Non vado a caccia di facili consensi, non faccio il simpatico a comando. Sono uno che lavora, che ha sempre lavorato, che ha faticato tanto e che è grato alla vita per quello che gli ha dato. Quando sento dire che sono razzista mi sembra di impazzire. Nessuna persona, mai, può essere giudicata per il colore della pelle. Conosco tanti con la pelle bianca che non si comportano bene. Il razzismo va combattuto, sempre. Ho allenato decine di giocatori che avevano la pelle diversa dalla mia, nel mio ristorante ne lavorano tre, ho avuto compagni di squadra ai quali ho voluto bene. Per me non conta il colore della pelle, conta la persona. La sua onestà, la sua lealtà».
o andati a cercare quella fortuna che la Calabria non gli aveva concesso. Come diavolo potrei essere razzista?».
RINUNCIA DELLO STIPENDIO MILAN – «Io sono molto riconoscente al Milan. Se io sono quello che sono, lo devo a quella società, a quei colori che ho sempre amato. Non volevo essere un peso e volevo andare via in punta di piedi. A quanto ho rinunciato? Cinque milioni e mezzo netti. Una parte è andata a pagare lo staff che altrimenti, con la mia uscita, sarebbe rimasto a piedi e non era giusto. Ma non mi è pesato più di tanto. Il Milan, da giocatore e da allenatore, mi ha trasformato la vita. Io non posso dimenticare quando, dopo la vittoria nella Champions del 1990 mio padre mi portò a sfilare in paese con la maglietta rossonera indosso. Ero fiero di indossarla, anche se, ovviamente era una replica, non una originale».
ANCELOTTI – «Io tifo sempre per Carlo. Come si può non farlo? Ho vinto undici trofei con lui. È un maestro. Riesce a gestire ogni gruppo. Ci riusciva trent’anni fa e ci riesce ora, come ha dimostrato al Real Madrid. Sarà bello incontrarlo in campo, nella Liga».
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