Ai microfoni de La Gazzetta dello Sport è intervenuto, in vista del match di domani sera contro il Liverpool, l'ex centrocampista del Milan Massimo Ambrosini. Ecco le sue parole a la rosea
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Ambrosini: “Se penso a Liverpool… ma il Milan lo affronterà con lo spirito giusto”
Ecco le parole di Massimo Ambrosini ai microfoni de La Gazzetta dello Sport in vista del match di domani sera contro il Liverpool
Se diciamo Liverpool, qual è il primo aggettivo che le viene in mente? -“La Champions League, è chiaro. E poi vittoria, dolore, sofferenza, rivincita, rinascita e goduria”.
Fu una finale vissuta in vigilia sul ballottaggio Gilardino-Inzaghi. Ancelotti poi scelse bene… - “Sono sempre vigilie particolari quando c’è di mezzo una finale. Si arriva nella sede di gara due giorni prima, hai venti giorni di tempo per prepararla nella tua testa. La cosa particolare di quella finale ovviamente era costituita dal fatto che incontravi l’avversario che due anni prima ti aveva beffato. C’era anche una gestione della rabbia e della tensione particolare, quindi”.
Soprattutto nella prima parte lei fece una gara di sofferenza contro il centrocampo inglese - “Noi da un punto di vista tecnico e fisico non eravamo in un momento ottimale. Quel Milan aveva espresso il calcio migliore fino alla semifinale e ad Atene non siamo arrivati al top. La sofferenza è stata figlia anche di questo. Siamo stati bravi a capirlo e a fare una partita gestendola molto. Abbiamo rischiato di prendere gol più di loro, è vero, ma siamo rimasti sul pezzo e poi siamo stati premiati anche dalla fortuna”.
Ci dia tre cartoline, tre flash di quella partita - “L’arrivo allo stadio, con la visione dello stadio e sessantamila persone dentro. L’entrata in campo. La coppa alzata verso il cielo”.
C’è qualcosa in particolare che le è rimasto particolarmente impresso prima, durante o dopo la partita? - “Ricordo in particolare l’arrivo di Berlusconi in ritiro. Lui è eccezionale nel portare ottimismo e anche un po’ di calma. Il suo approccio a un grande evento infonde sicurezza e prima di partite del genere serve parecchio”.
Passiamo ai giorni nostri: quanto la emoziona rivedere il Milan in Champions? - “Il Milan in questo momento ha una capacità di coinvolgere l’ambiente altissima. È una squadra che sta venendo fuori dalla sofferenza e ha creato qualcosa di speciale. Negli interpreti, nel modo di giocare, nei suoi dirigenti e nell’allenatore. E allora ti fai coinvolgere da quel processo, da quella sofferenza che tutto l’ambiente ha dovuto subire”.
Ci dica la prima cosa che ha pensato quando è stato sorteggiato il girone - “Partendo dalla quarta fascia potevano esserci degli incastri migliori, ma era ovviamente complicato pensare di non affrontare avversari forti. Potevi magari sperare di evitare il Porto come terza squadra a livello di forza, perché questo complica ancora di più i piani, ma io non ho dubbi che il Milan vada ad affrontare il Liverpool con lo spirito giusto. E poi il fascino della Champions impone che ci sia un minimo di gioia nell’andare a giocare un certo tipo di partite. Io sarò felice di poter assistere a una partita del genere, e anche molto curioso. Avverto che la squadra e l’allenatore hanno fiducia, non ci sono angoscia o paura. E fra parentesi il Liverpool vive un contesto diverso rispetto allo squadrone che ha dominato la Premier League due stagioni fa”.
Lei quindi è della parrocchia, e siete in tanti, di chi voleva un girone più lussuoso possibile proprio per celebrare la nobiltà europea del Milan - “Assolutamente sì. Le dinamiche nel sorteggio di un girone sono chiare, era scontato trovare più di una avversario di alto livello. Non è come agli ottavi, quando puoi fare più affidamento sulla buona sorte, o comunque andarti male lo stesso e trovare la più forte. Come vi ricorderete, il mio Milan per esempio beccava il Barcellona costantemente. E allora dopo un po’ dicevi ‘e che cavolo’…”.
Il Milan in questa Champions farà il suo se… - “Se sarà se stesso. Il Milan ora anche dal punto di vista fisico ha un ritmo di alto livello. È in una condizione tale che andare ad affrontare il Liverpool non deve essere fonte di preoccupazione. Questo non vuol dire andare là in maniera presuntuosa, cosa che non succederà senz’altro. Ma la consapevolezza della propria forza e l’equilibrio fra osare e rispettare l’avversario è la chiave di lettura corretta. Niente presunzione, ma osare, altrimenti è scontato uscirne male”.
Si può dire che la partita con la Lazio, di alto livello sotto tutti gli aspetti, ha accorciato un po’ le distanze fra Milan e Liverpool rispetto al giorno del sorteggio? - “La partita con la Lazio ha confermato che il Milan sta bene fisicamente, che ha giocatori ritrovati, ha giocatori forti e dimostra che ha ancora più certezze. Non è questione solo di Milan-Lazio, il cambiamento e l’avvicinarsi a Liverpool l’ha fatto in un anno e mezzo di percorso”.
Che cosa le è piaciuto di più della prova di domenica? - “È stata una prova maiuscola sotto tutti gli aspetti. Mi è piaciuto in particolare l’intensità e la chiarezza in ciò che dovevano fare nelle due fasi. La facilità con cui trovano trame di gioco. È una squadra che non ha un copione schematico, ma ha idee e linee guida con giocatori che cambiano spartito e si adattano bene a ciò che succede in campo. Giocano bene, e lo fanno in più modi. E ha dieci giocatori, più un portiere di movimento, che partecipano tutti attivamente e proficuamente al gioco. Non è una cosa così scontata”.
Quali sono gli aspetti da temere maggiormente nel Liverpool? - “Non è quello di due anni fa ma nemmeno quello dell’anno scorso, che non aveva Van Dijk, un giocatore fondamentale. È una squadra recuperata dal punto di vista della tecnica e della condizione fisica. A partire dai terzini, in particolare Alexander-Arnold. È una squadra che ha ritmo, gamba, forza. E hanno Anfield”.
E allora, quale sarà l’arma migliore a disposizione del Milan? - “La personalità e la sicurezza di gioco. Il Liverpool è una squadra che non è abituata molto a difendere e quando è costretta a farlo più a lungo del consueto, va in difficoltà. Il Milan ha tante soluzioni e se continui a martellare e li costringi a fare tante scelte difensive è più facile che possano cadere in errore i singoli. Andrebbe bene essere intensi come loro e riuscendo a mantenere un palleggio di qualità”.
Domanda complicata: dove può arrivare il Milan in questa Champions? - “Impossibile dirlo adesso. Troppo presto. Però, nonostante la difficoltà del girone, occorre essere consapevoli della propria forza. Non parte battuto”.
In campionato invece la candidatura per lo scudetto appare piuttosto chiara - “Arriva da un secondo posto e ha uno stile di gioco riconosciuto e riconoscibile. Rispetto all’anno scorso c’è più consapevolezza. È una squadra che può stare lì, come è successo lo scorso campionato”.
Come valuta il mercato rossonero? - “Mi è piaciuto perché ha sistemato ciò che doveva sistemare. A partire dall’acquisto di Tomori, che non era per nulla scontato. Hanno lavorato bene anche sui due addii a parametro zero. Il più sostituibile era senza dubbio Calhanoglu, nei nomi e nel gioco e il Milan ha la possibilità di farlo con diverse soluzioni. La prima è Diaz, ma ci sono altri interpreti attraverso i quali il gioco può scorrere come vuole Pioli. Per quanto riguarda Donnarumma, è il portiere più forte del mondo e non poteva essere sostituito negli stessi termini, ma Maignan mi pare un ragazzo sveglio che ha personalità e qualità”.
Pioli ha fatto bene a invitare pubblicamente Kessié a firmare? - “È normale, è umano che un allenatore-manager che ambisce ad andare avanti con questo club voglia continuare ad avere in squadra un giocatore forte come Kessié”.
E Tonali finalmente è sbocciato - “Nell’ultimo mese ha giocato una partita più bella dell’altra. Secondo me lui ha portato in campo la sua sofferenza, superandola, del suo primo anno. Ci ha messo l’ambizione e la società è stata brava a gestire il suo momento delicato. Ha personalità e qualità da centrocampista moderno. Il grande passaggio di quest’anno sta avvenendo nella gestione della palla e nella proposizione in fase offensiva. Ora lui si propone come punto di riferimento”.
Scaroni ha detto che se Ibra restasse, darebbe un grande apporto: ce lo vede con la giacca da dirigente? - “Lo vedrei meglio sul campo. Faccio fatica a pensare che possa prendere ordini da qualcuno…”.
Zlatan in coppia con Giroud la stuzzica? - “Ci saranno situazioni in cui sarà più facile rispetto ad altre. È qualcosa che impone di cambiare alcune dinamiche di gioco, alcune linee di passaggio. Giocare con Giroud amplierebbe ulteriormente il raggio di azione di Ibra verso la trequarti. Certo, possono giocare insieme, anche dall’inizio, oppure solo mezzora. È qualcosa che stuzzica, è una soluzione, ma non deve essere una assillo. Pioli non deve imporsi il fatto di farli convivere a tutti i costi. Deve sapere che è una risorsa percorribile, io non lo vivrei come qualcosa di obbligato, anche perché davanti la rosa offre tante soluzioni offensive”.
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